Alberto Guiotto: «Per un top advisor è fondamentale saper coinvolgere e motivare gli imprenditori»

di Cinzia Ficco
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Intervista al responsabile Advisory in AGFM, società specializzata in consulenze multidisciplinari con sede a Parma. Guiotto – che sottolinea l’importanza di intervenire tempestivamente in caso di crisi aziendale – spiega che il successo nelle operazioni di acquisizioni e fusioni va giudicato non solo in termini economici, ma anche qualitativi: «Contaminando le culture aziendali, si genera innovazione e sviluppo creativo».

«I problemi finanziari rappresentano quasi sempre solo la punta dell’iceberg e sono la conseguenza di difficoltà economiche preesistenti e ignorate per troppo tempo». E ancora: «Il successo di una fusione o di un’acquisizione deve essere giudicato anche in termini qualitativi». Parla Alberto Guiotto (Pordenone, ’67), senior partner e responsabile del Dipartimento Advisory in AGFM (Alinovi, Guiotto, Ferrari e Mattioli), una struttura professionale, con sede a Parma, che fornisce consulenza con un approccio specialistico e multidisciplinare. A lui il magazine TopAdvisors ha chiesto come ottenere risultati positivi con una ristrutturazione, un’acquisizione o una fusione. Vediamo.

Dottor Guiotto, come aiuta le aziende a raggiungere gli obiettivi di crescita?

Intanto, alla base della strategia di ogni impresa, c’è la sua cultura aziendale. Gli imprenditori disposti a ragionare in ottica di lungo periodo, anche rispetto al contesto macroeconomico in cui operano, sono avvantaggiati nel definire le scelte strategiche e i loro obiettivi. Purtroppo, moltissimi imprenditori sono concentrati sull’operatività quotidiana e sul business del presente: in assenza di segnali d’allarme, faticano a ragionare di obiettivi di lungo periodo.

Quindi?

Affiancando l’imprenditore e stimolandolo a ragionare in modo critico sulla sua strategia competitiva e sulla struttura aziendale, cerchiamo di guidare le sue riflessioni sulla coerenza del modello di business rispetto al settore e al mercato in cui opera, portandolo a definire obiettivi strategici che non si limitino soltanto al fatturato.

Ma?

Che considerino anche una sostenibilità economica, sociale e ambientale di lungo periodo. È fondamentale che sia lo stesso imprenditore, supportato dalle informazioni e dagli strumenti decisionali che gli offriamo, a rendersi conto dell’importanza di definire i propri obiettivi strategici, tenendo conto del contesto competitivo e ambientale. Uno degli aspetti più frustranti della consulenza manageriale è, infatti, il tentativo di convincere l’imprenditore ad adottare nuove strategie attraverso ragionamenti e prospettive che non sono né comprese né condivise. Sotto questo aspetto, la capacità di coinvolgere e motivare l’imprenditore rappresenta una caratteristica fondamentale del bravo consulente.

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Photo: iStock / istocksdaily

Come definirebbe una ristrutturazione aziendale e quali sono le sfide più comuni che si devono superare?

In quasi tutte le ristrutturazioni di cui ci siamo occupati, siamo stati chiamati dall’imprenditore per aiutarlo ad affrontare difficoltà di carattere finanziario. Purtroppo, i problemi finanziari rappresentano quasi sempre solo la punta dell’iceberg e sono la conseguenza di difficoltà economiche preesistenti e ignorate per troppo tempo. Il tema della ristrutturazione del debito finanziario, presente in tutti i progetti di restructuring, non può pertanto prescindere da un turnaround del business che riporti l’impresa a produrre valore. La ristrutturazione aziendale è, quindi, una sfida complessa che comprende certamente la necessità di negoziare con i creditori una rimodulazione del debito, ma che richiede anche scelte operative e organizzative molto incisive per ripristinare l’economicità del business e produrre flussi economici e finanziari sufficienti al risanamento. La necessità di agire in parallelo sia nei confronti di interlocutori esterni, come le banche e altri creditori, e sia nei confronti della stessa struttura aziendale, è la sfida più comune ma anche la più complessa che l’imprenditore, con il nostro aiuto, deve affrontare.

Qual è il ruolo del management durante una ristrutturazione aziendale?

È fondamentale. Poiché si tratta di una situazione straordinaria e con una tempistica limitata, in molti casi la soluzione ideale sarebbe quella di affidarla a un manager esterno, che affianchi il management esistente e abbia il potere di prendere le decisioni difficili, ma necessarie al risanamento, e adottare le misure più adeguate alla ristrutturazione. Nella maggior parte dei casi, però, il management aziendale è un’emanazione diretta dell’imprenditore e della sua famiglia, e non è disposto a rinunciare, neppure parzialmente e temporaneamente, ai poteri di gestione. I fattori che lo impediscono sono molti, e quasi tutti di natura personale: l’autostima, la volontà di non smentire scelte pregresse, le pressioni familiari. In tutti questi casi è nostro compito affiancare l’imprenditore nel corso dell’intero percorso di risanamento, anche attraverso uno strumento regolato dal Codice della crisi. È un percorso lungo, spesso difficile e che richiede nervi saldi e ragionevolezza.

Quali sono le fasi più importanti per una ristrutturazione aziendale di successo?

L’elemento di gran lunga più importante per il successo di una ristrutturazione aziendale è, a mio parere, la tempestività dell’intervento. La normativa in tema di crisi d’impresa e il diritto societario hanno introdotto diversi strumenti per agevolare l’emersione precoce della crisi. Nonostante l’obbligatorietà di adeguati assetti organizzativi, però, l’imprenditore decide quasi sempre di intervenire, anche con l’assistenza di un esperto, solo quando la difficoltà iniziale si è già trasformata in crisi, e questo rende il percorso di risanamento più complicato e con maggiori sacrifici per la società e i creditori. Sotto il profilo della tempestività penso che il collegio sindacale possa svolgere un ruolo di grandissima importanza, sia attraverso un’attività di moral suasion nei confronti dell’imprenditore, sia attraverso gli strumenti giuridici di cui ora dispone. Nel corso della ristrutturazione, la negoziazione con gli istituti di credito è una fase molto delicata perché richiede notevoli capacità negoziali e perché, per l’intera durata del processo, l’accesso al credito bancario da parte dell’impresa è spesso limitato e comunque più difficoltoso. La durata della negoziazione con gli istituti di credito, che può protrarsi per molti mesi, è un aspetto critico sempre presente nelle ristrutturazioni aziendali e va affrontato con grande competenza.

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Quali sono i principali fattori da considerare quando si valuta una fusione o un’acquisizione?

Va innanzitutto evidenziato come nella stragrande maggioranza dei casi la fusione tra due società abbia la forma di fusione per incorporazione e che pertanto abbia come presupposto la preesistente partecipazione di una società nell’altra. Sotto questo profilo, l’acquisizione è quasi sempre anteriore alla fusione. Mentre i fattori che suggeriscono una fusione sono quasi sempre di carattere organizzativo e di ricerca di una maggiore efficienza operativa, i presupposti di un’acquisizione hanno natura strategica. Se le acquisizioni da parte di fondi private equity puntano a generare valore per gli investitori entro un periodo limitato – al termine del quale è previsto il disinvestimento –, le acquisizioni di natura industriale rispondono a obiettivi strategici di lungo periodo che riguardano sinergie in termini di mercato, prodotto o processo produttivo. Nella mia esperienza, l’acquisizione di una società da parte di un player industriale ha sempre avuto come principale finalità il completamento della gamma di prodotto, o l’integrazione a valle o a monte della supply chain, o l’ingresso in nuovi mercati, o l’acquisizione di tecnologia produttiva. È molto importante, in ogni caso, che gli obiettivi dell’operazione straordinaria, sia essa un’acquisizione o una fusione, siano chiari e misurabili e non riguardino esclusivamente minori costi o maggiori ricavi, ma abbiano un respiro strategico per assicurare uno sviluppo sostenibile di lungo periodo.

In che modo una fusione o un’acquisizione può influire sulla cultura aziendale e sui dipendenti?

Un’acquisizione e, ancora di più, una fusione societaria hanno sempre un forte impatto, a volte sottovalutato, sulla cultura aziendale della società target e spesso anche su quella della società controllante o incorporante. La struttura organizzativa della società target, infatti, è quasi sempre messa in discussione da parte delle funzioni aziendali della controllante che intendono stabilire regole comuni di gestione, spesso imponendo le proprie. L’integrazione organizzativa e operativa tra due società è sempre un momento critico e assai delicato. Se, da un lato, è normale che l’integrazione tra due legal entity presupponga un’omogeneità di processi e procedure, dall’altro si assiste troppo spesso a fenomeni di colonizzazione da parte delle funzioni della controllante che non tengono conto della cultura aziendale della società acquisita ma impongono, senza troppe discussioni, i propri metodi e le proprie procedure. Non è affatto raro, in questi casi, assistere a un diffuso malcontento tra i dipendenti della società acquisita che può comportare, in alcuni casi, l’abbandono da parte di figure chiave.

Le strategie da adottare in questi casi?

Per affrontare questa fase delicatissima noi assistiamo entrambe le società con progetti di post merger integration che hanno come base comune un assessment delle procedure e delle strutture organizzative esistenti, finalizzato a comprendere quali elementi siano preferibili alla luce della strategia comune e quali siano le migliori modalità di integrazione tra le funzioni aziendali. Si tratta di un processo articolato e complesso che richiede collaborazione e buon senso, oltre che il supporto da parte del top management della controllante, per assumere le migliori decisioni nell’interesse comune e non necessariamente a vantaggio della sola controllante.

Quali sono i rischi più comuni associati alle fusioni e alle acquisizioni?

I rischi più comuni delle acquisizioni e delle fusioni riguardano l’incapacità di gestire adeguatamente l’integrazione delle funzioni aziendali. Può sembrare incredibile, ma spesso l’attenzione del top management sull’operazione diminuisce radicalmente subito dopo il closing e l’avvenuta acquisizione, quando invece sono proprio i primi mesi successivi all’operazione ad essere cruciali. Un’integrazione eseguita solo parzialmente o senza tenere conto delle peculiarità delle strutture organizzative rischia di pregiudicare i risultati e le sinergie che si intendevano ottenere con l’operazione. È importantissimo sottolineare ancora una volta come l’integrazione tra due strutture societarie con culture, valori e processi interni differenti deve essere gestita con grande cura e buon senso, anche con l’assistenza di consulenti specializzati, perché il rischio di sovrapposizioni o, peggio, di prevaricazioni e assenza di coordinamento tra funzioni aziendali è molto elevato.

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Photo: Pexels / rodnae productions

In sintesi, come valuta il successo di una fusione o di un’acquisizione a lungo termine e quali sono i criteri più importanti da considerare?

Poco fa abbiamo accennato all’importanza di determinare con chiarezza gli obiettivi che si intendono raggiungere con l’acquisizione o la fusione, e che questi riguardino elementi strategici di lungo periodo e non soltanto efficienze in termini di risparmio di costi o maggiori ricavi. È fondamentale valutare periodicamente il grado di raggiungimento di questi obiettivi per intervenire – in modo rapido con azioni correttive – qualora i risultati conseguiti non siano in linea con le previsioni. In termini di risultati economici sarebbe facile affermare che una fusione o un’acquisizione ha successo quando i risultati cumulati sono superiori a quelli che avrebbero conseguito singolarmente le società coinvolte. In realtà, ritengo che il successo di una fusione o di un’acquisizione debba essere giudicato anche in termini qualitativi, valutando se l’integrazione tra le funzioni aziendali sia stato raggiunto e, soprattutto, se la contaminazione tra le culture aziendali abbia stimolato un processo di innovazione e sviluppo creativo che altrimenti non sarebbe stato possibile.

 

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