Ci siamo. Dal 15 luglio è entrato in vigore il nuovo codice della crisi e dell’insolvenza.
Le novità per tutti i contribuenti (imprenditori, soprattutto, ma anche liberi professionisti) che hanno debiti con il fisco o si trovano nel bel mezzo di una crisi sono tante e importanti.
Una riguarda l’impugnabilità dell’estratto di ruolo.
L’estratto di ruolo non è più impugnabile, a meno che…
Fino a qualche mese fa, per opporsi alla omessa o inesatta notifica delle cartelle di pagamento a proprio carico era possibile accedere al contenzioso tributario anche attraverso la contestazione dell’estratto di ruolo, l’elaborato informatico che contiene il dettaglio delle cartelle esattoriali emesse e che sono state presuntivamente notificate al contribuente.
Da dicembre 2021, invece, l’art. 3-bis del D.L. 146/2021 ha disposto, come regola generale, la non impugnabilità dell’estratto di ruolo. Un brutto colpo per il contribuente, che si vede negare un principio sacrosanto: il suo diritto alla difesa.
Tuttavia, secondo la legge di bilancio 2022 è ancora possibile impugnare l’estratto di ruolo nel caso in cui il contribuente che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione (ad esempio, la possibilità di partecipare a una gara d’appalto o la necessità di riscuotere fatture da parte della P.A.)
Impugnabilità dell’estratto di ruolo: cosa potrebbe cambiare
Una delle conseguenze del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza (C.C.I.I.) riguarda l’invito che il fisco ha rivolto alle aziende che dopo il 15 luglio avranno debiti legati all’IVA superiori a 5 mila euro ad attivare la procedura della della composizione negoziata della crisi di impresa.
Si tratta di un passaggio molto delicato perché, nella maggior parte dei casi, esso altro non è che l’anticamera del fallimento.
Eppure, grazie agli strumenti collegati al nuovo codice della crisi e dell’insolvenza è possibile ottenere esattamente il contrario. E cioè, avviare le procedure finalizzate a scongiurare il fallimento e rimettere l’imprenditore in grado di continuare la sua attività dopo aver regolato i conti anche con il Fisco.
Tornando all’invito che il Fisco ha rivolto agli imprenditori, esso potrebbe riaprire la possibilità di impugnare le cartelle non notificate di cui si è avuta contezza nell’estratto di ruolo, specie se il debito che altera l’equilibrio aziendale è dovuto al carico fiscale.
Il contenzioso come valida alternativa alla composizione della crisi
Dal comma 4-bis del DPR 602/1973 si evince che l’interesse ad impugnare l’estratto, oltre che dalla mancanza di un beneficio diretto verso l’amministrazione, si applica anche da un pregiudizio che ne deriva dai rapporti con essa.
Per esempio, nei confronti con istituti privati quali le banche.
Appare evidente che, in caso di una composizione della crisi, l’impresa potrebbe avere ripercussioni negative sulla propria posizione creditizia, con conseguenze catastrofiche per la sua sopravvivenza.
L’imprenditore, quindi, potrebbe scegliere di non intraprendere la strada della composizione della crisi e ricorrere invece al contenzioso, proprio per cercare di dimostrare agli istituti di credito di essere fuori dal codice della crisi e in particolare dall’obbligo di ricorrere alla composizione negoziale.
Si apre dunque uno scenario inedito, che rafforza ulteriormente la prospettiva di ricorrere in giudizio soprattutto nei casi in cui l’imprenditore è seriamente convinto di poter risolver la crisi ed evitare a tutti i costi il fallimento.
Pertanto, di fronte agli inviti del Fisco ad aderire alla composizione della crisi l’imprenditore potrebbe trovare maggiori vantaggi nel proporre ricorso presso le Commissioni tributarie contestando tutti i carichi pregressi e presenti, sostenendo la tesi che la crisi è scaturita da un debito tributario non dovuto.
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