Dal rischio fallimento all’accordo col Fisco: com’è cambiata la transazione fiscale 

di Lodovico Poschi Meuron
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Molte PMI sono a rischio fallimento. Lo rivela uno studio dell’Istat secondo il quale nel primo trimestre del 2022 si sono registrati aumenti significativi di fallimenti soprattutto nei settori di alloggio e ristorazione (+22,5%) e nelle costruzioni (+16,6%).

Un dato preoccupante causato in gran parte dal vertiginoso aumento dei costi energetici piovuto sulla testa di molte attività di servizio, ma anche della catena produttiva

L’istanza di fallimento rappresenta il momento più triste e quando più sofferto per un imprenditore.

Tuttavia esistono alcuni casi in cui è ancora possibile intervenire, ma è necessario che l’azienda si doti di tutti gli strumenti messi a disposizione dal legislatore per farlo prima che sia troppo tardi.

In questo articolo vedremo quali sono questi strumenti, ma prima capiamo cos’è l’istanza di fallimento: è l’atto attraverso il quale viene richiesto alla Pubblica Autorità di aprire una procedura fallimentare nei confronti di un determinato imprenditore.

Per poter procedere devono sussistere:

  • Requisiti soggettivi: imprenditore commerciale non piccolo ai sensi degli articoli 1 legge fallimentare e 2195 codice civile;
  • Requisiti oggettivi: impresa in stato di insolvenza ex articoli 2221 codice civile e articolo 5 legge fallimentare.

La riforma della legge fallimentare operata nel 2006 ha infatti abrogato l’articolo 8. Esso prevedeva l’iniziativa d’ufficio da parte del Tribunale che venisse a conoscenza, in un diverso giudizio, di eventi indicatori di uno stato di insolvenza.

Fallimento per debiti fiscali: il Fisco può chiederlo?

Una domanda che risuona spesso nella mente degli imprenditori è se l’Agenzia delle Entrate o Agenzia delle Entrate Riscossione possano chiedere il fallimento di un’impresa che ha debiti di natura fiscale. 

Bene, senza troppi giri di parole la risposta è sì: l’Ente creditore potrà chiedere al Tribunale competente di dichiarare il fallimento della società debitrice.

Per avanzare tale richiesta risulterà sufficiente che l’Agente della riscossione alleghi alla domanda il semplice ruolo esattoriale (si può ancora impu****gnare?). Questo senza che risulti necessaria la preventiva notifica di un avviso o di una precedente azione esecutiva.

Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza, entrato in vigore di recente, ha rivisto verso il basso le soglie oltre le quali l’ente creditore possa chiedere l’avvio della procedura fallimentare.

Dove si presenta l’istanza 

L’istanza di fallimento si presenta al Tribunale presso la sezione fallimentare territorialmente competente in relazione al luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale.

Il soggetto che presenta l’istanza deve poi prendere posizione in ordine alla sussistenza dei requisiti forniti dalla legge per poter dichiarare il fallimento dell’impresa, sia di natura soggettiva che di natura oggettiva, indicando le prove a sostegno di quanto afferma.

Una particolare attenzione dovrà essere posta nella dimostrazione dello stato di insolvenza dell’impresa. L’istante dovrà fornire la prova dei fatti rilevanti dai quali il Tribunale fallimentare possa desumere segnali dell’impossibilità per l’imprenditore di far fronte ai propri debiti.

L’istanza presentata da uno o più creditori, infine, prende le forme di un ricorso, che si dovrà redigere per iscritto e depositare nella cancelleria del Tribunale fallimentare competente.

Si sottolinea che l’articolo 147, comma 4, legge fallimentare prevede una particolare forma di istanza di fallimento nell’ipotesi in cui risulti l’esistenza di soci illimitatamente responsabili prima sconosciuti.

Questo dopo la dichiarazione del fallimento di una società.

Dal rischio fallimento all’accordo col Fisco: com’è cambiata la transazione fiscale 

C’è uno strumento che fino a qualche anno fa terrorizzava gli imprenditori italiani perché poteva sancire il fallimento definitivo di un’azienda. Oggi invece può essere utilizzato per ridurre il proprio debito verso il Fisco fino all’80%.

Presentando un concordato preventivo con all’interno la transazione fiscale è possibile ridurre il proprio debito con il Fisco fino all’80% e pagare il restante 20% nell’arco di 4 o 5 anni.

Insomma, oggi è possibile prevenire l’istanza di fallimento.

Per riuscire a ottenere con successo il concordato preventivo, l’imprenditore deve dimostrare, con l’aiuto di un attestatore, che l’eventuale fallimento o liquidazione giudiziale nel nuovo codice della crisi della società sarebbe molto più gravoso per lo Stato rispetto alla proposta fatta per l’imprenditore.

In un periodo storico in cui ci troviamo ad affrontare la ripresa dei pagamenti con le banche, la crisi post Covid-19 e la crisi del conflitto Russia – Ucraina e il conseguente rincaro del costo dell’energia, avere accesso a uno strumento come questo può decretare il salvataggio di un’azienda.

Photo: iStock / fizkes

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