Donato Monterisi: «Quella selva oscura del fisco che ogni giorno ci tocca attraversare…»

di Paolo Robaudi
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Commercialista da 25 anni e oggi Business Consulting Partner di Unistudio, Monterisi ritiene che nella sua professione non si possa prescindere dalla conoscenza del digitale e dal possedere una visione strategica. «Ma ogni tanto stacco da tutto e mi dedico con passione alle auto classiche e sportive».

Incontrandolo nel suo studio, ricorda i periodi nei quali sulle scrivanie c’erano ancora le calcolatrici con il “rotolino” di carta e i bigliettini da visita. «Qualche fan di quella “tecnologia” ancora esiste, ma oggi per lavorare con gli imprenditori occorre molta empatia e capacità comunicative. E la capacità di leggere i moltissimi dati che abbiamo a disposizione».

Come nasce la sua attività?

Sono un commercialista e revisore legale che opera a Milano da oltre 25 anni. Le esperienze professionali e i professionisti che ho incrociato nella mia carriera, mi hanno consentito di specializzarmi nella gestione e organizzazione di processi contabili e amministrativi e di reporting, nella compliance fiscale, supportando gli imprenditori nelle fasi di riorganizzazione della funzione amministrativa, in seguito a ristrutturazioni, acquisizioni o implementazione di nuovi sistemi informativi e nei processi di digitalizzazione.

Quale è stata la sua formazione accademica e professionale?

Faccio parte della generazione dei commercialisti degli anni ’90, quelli che credevano e credono, nella formazione tramite la conoscenza, l’approfondimento e l’aggiornamento continuo: libri, riviste specializzate, corsi (anche non obbligatori) e tanta tanta gavetta. La formazione e l’aggiornamento professionale li considero tra i miei impegni quotidiani principali. Dopo il diploma, la pratica e l’esame di Stato, ho scelto di frequentare master e corsi di specializzazione, per approfondire tematiche fiscali e di organizzazione aziendale. Le letture di “business” continuano ad interessarmi anzi, ad appassionarmi.

Quali competenze servono per chi comincia e quali strumenti?

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Le competenze giuridiche e contabili dobbiamo darle per scontate. Da alcuni anni occorre che il commercialista senta il rapporto con i sistemi informativi come un “relazione necessaria”. Oramai i processi di digitalizzazione, non possono essere considerati il “futuro” ma sono il presente. Le capacità comunicative e l’empatia sono qualità che occorre possedere per riuscire ad “entrare” in azienda e supportare l’imprenditore e il management nei processi decisionali, che, spesso, non sono affidati solo alla pura disponibilità di dati. La visione strategica è un’altra “competenza”, che il commercialista deve possedere, sia per gestire la propria organizzazione sia per aiutare l’imprenditore nell’analisi critica delle scelte quotidiane.

Quali sono le difficoltà che incontra nello svolgimento della sua professione e quali gli aspetti positivi che le fanno superare?

La difficoltà principale riguarda la “selva oscura” fiscale, che occorre attraversare tutti i giorni e che ci costringe a non avere orari o giorni liberi predefiniti. Ma poi penso che ho il privilegio di fare un lavoro che mi piace e di essere utile. La fatica lascia il posto alla soddisfazione e quando posso, mi dedico alla mia grande passione: le auto classiche e sportive. Con alcuni amici ci divertiamo a girare in pista, sognare e condividere questa passione che ci scalda il cuore… e i piedi! Non sono un gran pilota, anzi, non sono un pilota, ma qualche giro in circuito mi aiuta a gestire meglio l’automobile e a divertirmi. Come quando da bambino m’infilavo in uno scatolone e con il coperchio della pentola, immaginavo di essere al volante di una supercar. E poi ci sono lavori, più faticosi e impegnativi. Non solo dal punto di vista mentale quindi, bene così.

Negli ultimi anni, alla luce anche dei tantissimi cambiamenti, cos’è cambiato nella sua professione e quali sono le attività che la contraddistinguono?

Il fenomeno più significativo, riguarda l’enorme disponibilità di dati e informazioni che consentono o consentirebbero di “leggere”, il contesto e orientare le scelte imprenditoriali. Questo patrimonio non è considerato da molti come un “asset”: il motivo credo sia nella necessità di conoscere e possedere gli strumenti necessari per gestire questo “patrimonio”. E poi sono cambiate le scrivanie, almeno la mia. Non ho più una calcolatrice con il “rotolino” di carta, sebbene esistano ancora molti fan di quella “tecnologia”.

Perché per avviare un’attività imprenditoriale e non solo, è indispensabile un commercialista?

Perché l’imprenditore e il commercialista, fanno due mestieri diversi. L’imprenditore deve concentrarsi sulla creazione del valore.

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Quali sono le tappe principali nella storia del suo studio?

Dopo la pratica in uno studio di piccole dimensioni, con una clientela fatta di piccole e medie imprese, ho avuto l’opportunità e la fortuna, di poter entrare in Arthur Andersen, una tra le più importanti società di consulenza internazionale. Da lì in poi è stato un susseguirsi di esperienze e relazioni, che mi hanno consentito di cambiare la visione della professione. Ciò che faccio deve essere utile al business. La sburocratizzazione dei processi è un problema che affronto con i miei clienti, per aiutarli a concentrarsi su ciò che sanno e vogliono fare: impresa.

Quali sono i servizi principali che offrite?

Ho sviluppato un’innovativa idea di consulenza, capace di creare concretamente valore aziendale, attraverso l’erogazione di servizi altamente personalizzati e specializzati i quali – partendo dalla valutazione e dalla progettazione dei sistemi di amministrazione, finanza e controllo – possono abbracciare in maniera profonda e pervasiva l’intera gestione dell’azienda o intervenire in momenti particolari della sua vita. Assistiamo le aziende nelle fasi di analisi, progettazione e implementazione di sistemi AFC, per la creazione del valore di impresa. Abbiamo come obiettivo, quello di rappresentare informazioni predittive e consuntive e diffondere informazioni tempestive, per gestire il business e aumentare il valore dell’impresa.

Che tipo di clienti ha e com’è il rapporto con loro? Seguono tutti i vostri suggerimenti?

Non ho mai “categorizzato” i clienti. Più che il tipo di clienti o la industry di appartenenza, distinguo le persone per necessità e approccio. PMI italiane, aziende avviate e start up appartenenti a gruppi nazionali o internazionali, così come famiglie con aziende e interessi economici che necessitano di un supporto professionale, per la gestione degli asset aziendali con una visione “dall’alto”. Sono questi i clienti con i quali opero. C’è poi uno spazio professionale che dedico ai “futuri” imprenditori, occupandomi di mentoring e per supportare gli startupper nella realizzazione di nuovi progetti.

Quali sono i principali timori e le preoccupazioni che riscontra negli imprenditori che segue?

Le incertezze create dai mercati internazionali, che inesorabilmente condizionano la realtà locale. Queste sono tra le preoccupazioni più ricorrenti. L’approccio sanzionatorio del nostro sistema fiscale è un altro tema, di grande attenzione, perché genera la necessità di dedicare importanti risorse alla compliance, senza che ciò generi valore o un vantaggio per il mercato.

Come riesce a conciliare le sue attività di routine con la parte di consulenza agli imprenditori?

Credo che senza la routine, non potrei offrire il mio supporto agli imprenditori. I fattori che ritengo importanti sono: investire sulle persone che lavorano con me e gestire la crescita in modo sostenibile. Volumi e fatturato non sono i miei obiettivi: preferisco meno clienti soddisfatti che molti clienti insoddisfatti. Ho scelto di fare il commercialista.

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Come ha supportato nel tempo le aziende che hanno attraversato momenti di crisi d’impresa, sia in ambito fiscale che bancario e commerciale?

Ho cercato di avere un approccio critico mettendomi “dall’altra parte”, cercando di valutare in anticipo le conseguenze di scelte fatte in momenti di crisi, creando dei team professionali trasversali per poter analizzare la situazione da varie angolature, soprattutto per le potenziali conseguenze negative. Questo approccio ha generato consapevolezza e razionalità, consentendo di affrontare le situazioni di crisi con maggiore lucidità.

Che consigli si sente di dare oggi agli imprenditori, specialmente a chi va incontro a situazioni delicate?

Il consiglio che posso dare, frutto dell’esperienza, è di gestire la propria azienda e il proprio patrimonio con un sistema di monitoraggio, che consenta di intercettare i problemi sul nascere e non quando sono in una fase avanzata. Ovviamente l’implementazione di sistemi predittivi sarebbe ancora meglio, ma so che investire risorse nei “sistemi” che non vengono considerati “costi del venduto”, è uno degli ostacoli più difficili da superare. Ma non bisogna mai arrendersi.

 

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