Si definisce un “commercialista anomalo” per via del suo percorso professionale atipico, Francesco M. Renne, titolare dello Studio associato Renne & Partners, con sedi a Varese e Milano.
Renne nasce infatti come ragioniere commercialista per insegnare poi alla CUOA Business School di Vicenza temi di fiscalità della finanza e di finanza d’impresa e come relatore al Master di secondo livello in Diritto Tributario e Consulenza d’impresa “Luigi Einaudi”, dell’Università Sapienza di Roma. È inoltre presente come relatore in molti convegni, si occupa di politica di categoria, scrive per riviste di settore ed è membro di collegi sindacali e consigli di amministrazione di varie aziende e di un gruppo bancario estero. Dal 1990 esercita la professione presso il suo studio associato, membro di una rete che aggrega studi di commercialisti situati in varie zone dell’Italia e all’estero con specializzazioni diverse.
Quali servizi specifici offre il suo studio?
Ci occupiamo principalmente di finanza, in termini di accesso al credito, governance, M&A, tax compliance, tassazione delle successioni. Facciamo anche attività classica ma non materie di lavoro o incarichi dal tribunale. Ci occupiamo invece molto di contenzioso tributario, strategie finanziarie ed interveniamo in presenza di problematiche di grande crescita o di rottura della continuità aziendale o della governance.
Chi sono i suoi clienti-tipo?
Famiglie imprenditoriali, imprese, dalle piccole alle grandi ed intermediari finanziari.
Ha mai aiutato un’azienda a superare un momento di crisi o le difficoltà legate ad una fase di crescita? Può raccontarci quest’esperienza?
Ci sono diversi casi seguiti ma almeno un paio che sono replicabili se gestiti bene dall’imprenditore. Il primo riguarda un’azienda che fatturava 18milioni di euro nei primi anni 2000 e che oggi ne fattura 40milioni in un settore ad altissima competitività. In questo caso siamo intervenuti in una fase di crisi rivedendo la governance fiscale, giuridica e finanziaria con scelte anche di internazionalizzazione ma sempre in chiave di tax compliance. Credo che le scorciatoie che alcuni adottano, ricorrere ad espedienti erosivi del reddito fiscale o ad abusi nelle ristrutturazioni, nel tempo si paghino in termini di perdita del valore dell’azienda e di finanziabilità: quest’ultima si basa sui dati di bilancio e scegliere di essere tax compliant significa avere anche maggiore accesso al credito. Per questo abbiamo lavorato sulla capitalizzazione dell’azienda rendendo la comunicazione dei dati più trasparente.
L’altro esempio riguarda una piccola start up che, ad oggi, fattura una decina di milioni di euro in un settore B2B industriale molto specialistico e che negli ultimi quattro anni è stata annoverata dal Financial Times tra le 1.000 aziende europee con il maggior tasso di crescita. Gli imprenditori, tra cui ex manager per altre aziende, sono stati bravi a trovare il prodotto giusto e noi come studio li abbiamo supportati nel processo di crescita dal punto di vista finanziario, fiscale ed organizzativo.
Che consigli darebbe alle aziende in questa delicata fase storica?
Il primo è un warning. Da metà del 2021 si è iniziato a parlare di inflazione. Ho subito affermato che, a mio parere, non sarebbe stata transitoria. Questo si sta rivelando ancora più esatto oggi, con il conflitto in Ucraina che è diventato un booster di fenomeni già in atto quali la mancanza delle materie prime e il conseguente aumento del loro costo, il rischio dell’aumento dei tassi d’interesse e di quello dei prezzi finali che ha come conseguenza la riduzione dei consumi. In questo scenario, il mio ammonimento alle imprese è quello di rivedere subito, se non lo hanno già fatto, il proprio piano di impresa, le proprie previsioni. Insomma, lavorare oggi per essere pronti nel caso in cui si dovesse presentare un problema finanziario per anticiparlo ed avere già una soluzione tra le mani per superarlo.
Il secondo consiglio riguarda il “new normal”. Così come il post-pandemia non è stato un ritorno al passato, ancora di più, una volta finita la guerra le sanzioni finanziarie non finiranno subito e i loro effetti si trascineranno ancora per almeno due anni. Il costo della guerra, l’inflazione, l’aumento dei costi, tutto questo non sarà di facile gestione. Per questo è importante affrontare questa nuova normalità adottando logiche di scenario che consentano di essere pronti a cambiare, ove necessario.
Qui si apre un ampio spazio alle aziende sane che potranno “fare shopping” ma non in termini di cannibalismo quanto piuttosto nel senso di fungere da aggregatori di aziende prima che queste vadano in crisi, completando la propria offerta o integrando servizi. A tal riguardo, spero che il sistema finanziario accompagni questo processo, anche attraverso forme di matusalem financing.
Matusalem Financing – Forme di finanziamento di lunghissimo periodo (vent’anni o più), che ridurrebbero – con apposite garanzie pubbliche analoghe a quelle decise per i finanziamenti speciali pandemici – lo sforzo finanziario delle aziende (soprattutto per le filiere industriali interessate e magari per quei settori non ancora usciti dalla crisi) nei piani di rimborso.