È consulente fiscale presso il gruppo Nexum STP Spa. Figlio di una formazione umanistica sfociata in studi economici, Gabriele Sanfelice segue imprese italiane e straniere di diverse dimensioni in tutti gli aspetti contabili, amministrativi, contrattualistici e tributari. Tra le sue passioni, la Responsabilità sociale d’impresa e il follow up di aziende start up.
Quando parliamo di debiti, il primo consiglio che mi sento di dare agli imprenditori è di tutelare e pagare i dipendenti e i fornitori.
Dottor Sanfelice, come nasce il percorso che l’ha portato a essere dottore commercialista e consulente per imprese nazionali e internazionali?
Dopo essermi diplomato al liceo classico, non avevo le idee chiare. Mi ricordo di essere rimasto molto affascinato dal film “What Women Want“. L’aspetto creativo del marketing mi incuriosiva, così mi sono iscritto alla Facoltà di Economia, con l’intenzione di approcciarvi in maniera più concreta. In pochissimo tempo mi sono accorto che si trattava di tutt’altro e che la creatività era solo la parte finale di un processo in cui il bisogno del cliente era indotto dal mercato, più che dedotto dallo stesso. Il percorso formativo prettamente umanistico che avevo seguito fino a quel momento veniva sovrastato da schemi e numeri. A poco a poco ho iniziato ad appassionarmi a quegli aspetti dell’economia più vicini alle mie inclinazioni culturali, come i corsi riguardanti le scienze economiche e quelli relativi alla politica economica. Non avrei mai interrotto un percorso di studi e così, dopo la laurea triennale in Economia e Gestione delle Imprese e dopo un anno di studio all’estero, ho conseguito la Laurea Specialistica in Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo.
A questo punto, arrivato alla fine della Laurea Specialistica, sentiva di aver trovato finalmente se stesso?
No, non sapevo ancora cosa volevo ma sapevo esattamente cosa non volevo. Non avrei mai voluto indossare obbligatoriamente giacca e cravatta ogni giorno, né avrei voluto diventare dipendente di una banca. Avevo un forte spirito idealista, forse un po’ troppo. Quando il professore e relatore della tesi, subito dopo la discussione, mi propose un contratto a tempo indeterminato presso un grosso ente para-pubblico, rifiutai perentoriamente: volevo farmi da me. A ripensare a quella proposta negli anni mi sono mangiato più volte le mani. Adesso però con il senno di poi, mi dico che forse è andata meglio così.
Come si è avvicinato al mondo della consulenza e della contabilità?
Mi sono laureato nel 2010, durante l’allegrissimo biennio post crisi economica. Durante gli anni mi sono sempre dato da fare, lavorando prima in un call center e poi come porta-pizze, finché nel 2012 sono entrato come amministrativo presso l’ASL Roma 1. Dopo circa 3 anni ho lasciato l’ASL per andare a lavorare in un centro di elaborazione dati, riprendendo i rudimenti universitari di contabilità e partita doppia. Nello stesso periodo ho svolto il tirocinio presso lo studio commercialista del Centro, e parallelamente ho cominciato a studiare per l’Esame di Stato. Una volta conseguito il titolo, ho iniziato a esercitare da professionista. Lo studio si occupava di gestire piccole imprese cinesi, una sorta di CAF. Mi trovavo bene ma avevo voglia di crescere. Così dopo aver iniziato a lavorare anche come autonomo, l’anno scorso (aprile 2021, ndr) ho lasciato lo studio per iniziare il nuovo lavoro di consulenza fiscale e aziendale per NexumStp Spa. Attualmente, oltre ai miei clienti personali, collaboro con una controllata della stessa società che ha sede a Bologna, dove mi reco settimanalmente.
Secondo la sua esperienza e il know how appreso in tutti questi anni, perché oggi per avviare un’attività imprenditoriale la figura del commercialista è indispensabile?
Nell’immaginario comune l’imprenditore è un uomo tutto d’un pezzo, perennemente in giacca e cravatta, pieno di soldi, con proprietà immobiliari e macchine costose. La realtà dei fatti è molto diversa, la stragrande maggioranza del tessuto aziendale italiano è costituito dalle piccole e medie imprese: dal negozio alla bottega, dall’attività familiare al locale. La maggior parte delle volte il focus imprenditoriale non è volto a trarre alti profitti quanto piuttosto ad avere la sussistenza atta a sopravvivere. La figura del commercialista è necessaria alle piccole e medie imprese per tenere la contabilità ma non solo. Pensiamo alla nostra normativa, così complicata e ricca di peculiarità e alla “giungla” dei tributi, in continua evoluzione. Ma anche ai bandi regionali o nazionali che escono ciclicamente, alle agevolazioni, ai contributi a fondo perduto: sono tutte iniziative che il commercialista è in grado di gestire, attuare e finalizzare. Seguire tutto ciò da soli rischierebbe di compromettere in maniera significativa parte dell’attività aziendale per mancanza sia di tempo che di competenze.
Qual è secondo lei un aspetto imprescindibile per la sua professione oggi?
Sicuramente l’empatia. Gestire la contabilità e il patrimonio di un imprenditore e della sua impresa significa conoscere tutto di lui: la sua situazione familiare, patrimoniale, finanziaria, sentimentale e immobiliare. L’empatia è fondamentale per poter instaurare un rapporto di fiducia reciproca. Mi fido di te per affidarmi a te: funziona così. In questo sicuramente la mia formazione umanistica mi ha aiutato nell’approccio verso il prossimo. È importante però non confondere la fiducia e la confidenza con l’amicizia: sono sfumature relazionali molto vicine, ma non uguali.
È accaduto di supportare aziende che hanno attraversato momenti di crisi d’impresa? Che suggerimento darebbe agli imprenditori che vanno incontro a situazioni di questo tipo?
Le crisi di impresa capitano spesso, le problematiche variano a seconda dei tipi di azienda e di patrimonio, soprattutto se quest’ultimo è familiare. Per circoscrivere eventuali crisi di impresa e limitare i danni personali bisogna crearsi una barriera. Un buon recinto in questo caso lo costituisce la Srl, la società a responsabilità limitata che delimita le eventuali perdite evitando di intaccare i patrimoni personali. Quando parliamo di debiti, il primo consiglio che mi sento di dare agli imprenditori è di tutelare e pagare i dipendenti e i fornitori, due elementi fondamentali della catena imprenditoriale. Ricordiamoci che in determinati casi specifici l’evasione contributiva è perseguibile penalmente e che i fornitori non pagati possono fare causa all’azienda.
Che consiglio si sentirebbe di dare a chi si sta da poco approcciando a questa professione?
In generale consiglierei di non sottovalutare mai la dimensione ridotta di un’azienda. Non dedicare tempo al piccolo è il più grande autogol che si possa fare. Le aziende, e più in generale le persone, fanno parte di una rete: quello che semini oggi, raccogli domani.