Dal suo studio di Viterbo aiuta le imprese a internazionalizzarsi «ma facciamo anche consulenze a fondazioni bancarie, creiamo da zero start-up di successo e imprese agricole di alto livello». Giuliano Bellachioma ripercorre le tappe più importanti del suo percorso da dottore commercialista, tracciando un quadro delle difficoltà attraversate dalle aziende.
La costante evoluzione sociale ed economica coinvolge le imprese, stravolge il core business, promuove innovazione per scommettere sulle nuove frontiere economiche. Sono differenti e variegate le trasformazioni a cui assistiamo, specialmente con l’avvento della pandemia che ha favorito una svolta radicale sui consumi e sulla modalità di lavoro con lo smart working. Alla luce di questi cambiamenti è necessario rivedere l’organizzazione delle imprese e le diverse unità produttive. Giuliano Bellachioma, dottore commercialista, inizia la sua carriera professionale dal 2003 come collaboratore di uno studio professionale. Nel 2007 consegue la laurea triennale in Economia e Legislazione per l’impresa e nel 2010 si laurea in Marketing e Qualità.
Come è iniziata la sua formazione accademica e professionale?
All’università della Tuscia, la facoltà dove mi sono laureato, sono assistant professor di Diritto degli Intermediari Finanziari. La mia formazione professionale è iniziata nel 2003 affiancando agli studi un’esperienza lavorativa presso uno studio professionale con cui ho collaborato fino all’inizio del 2022. Da pochi mesi ho fondato un nuovo studio professionale e un nuovo brand (Omnia Consilia), che si basa su un concetto moderno ereditato da grandi di studi che operano in città come Milano e Roma con cui ho collaborato. In pratica tutto il percorso accademico è stato affiancato dall’attività lavorativa. Nel 2011 ho sostenuto l’esame di stato per l’abilitazione alla professione di revisore legale dei conti e dottore commercialista, conseguendo anche il premio Felicetti (riconoscimento dell’ODCEC di Viterbo) per il miglior punteggio all’esame di stato. La formazione professionale, sia per imposizione legislativa sia per necessità, è comunque diventata continua, mirata e sempre più specifica. Solo così si riescono a mantenere standard qualitativi elevati.
Ci sono specifiche competenze necessarie per i professionisti che iniziano questa carriera?
Per iniziare è opportuno avere competenze ragionieristiche e sulla partita doppia. Poi vanno comunque ponderati diversi fattori: con gli studi universitari ci si crea quel bagaglio teorico necessario per fare pratica e approfondire nel frattempo i propri interessi. Purtroppo molti studi lasciano i loro praticanti a registrare fatture e documenti contabili per anni, non permettendo ai giovani di vedere che al di fuori c’è un mondo di attività che un commercialista può fare.
Quali difficoltà incontra nella sua professione?
La prima è l’assetto da “centro elaborazione dati” che i nostri studi hanno assunto a causa dell’elevatissimo numero di adempimenti che il fisco ci richiede, molti dei quali inutili o ripetitivi. Questo comporta incremento di personale e perdite di tempo: in alcuni casi non si riescono più a seguire gli imprenditori al momento di presentare il bilancio o per monitorare l’andamento della propria azienda. La seconda difficoltà è quella di acquisire clienti, soprattutto “buoni” clienti. La nostra attività si basa su contatti e passaparola e non è facile: figuriamoci per un giovane nella fase in cui deve creare un buon nucleo di clienti… Per questo molti esordienti sono costretti a restare per tanti anni negli studi dove hanno fatto pratica, sottopagati e senza possibilità di scelta vista l’assenza di clienti propri. La terza difficoltà riguarda gli incassi: lavorando con le imprese, molte delle quali non navigano nell’oro, capita spesso che la parcella del commercialista resti indietro. Bisogna essere bravi a far capire al cliente che non siamo “quelli che fanno le dichiarazioni e registrano le fatture”, ma consulenti in grado di fornire servizi ad alto livello nelle scelte decisionali e manageriali. Se il cliente percepisce l’alto profilo della consulenza sicuramente pagherà con più facilità.

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Come si è trasformata la sua professione? Quali attività la contraddistinguono?
Come dicevo, ci siamo trasformati (chi più chi meno) da consulenti a elaboratori di dati. Fortunatamente le attività che ci contraddistinguono sono diverse. Mi piace ricordare che nel mio studio non esiste solo la contabilità ma lavoriamo anche con operazioni straordinarie, contrattualistica di alto livello, curatele fallimentari, custodie delegate, consulenze a fondazioni bancarie. Creiamo inoltre da zero start-up di successo, imprese agricole di alto livello pluripremiate a livello nazionale e internazionale. È il caso di Deply – una piattaforma collaborativa per il supply chain management – o delle aziende agricole Piani degli Alpaca e Monte Jugo, quest’ultima premiata per il miglior formaggio di capra italiano.
Quali servizi principali offre il vostro studio?
Da alcuni mesi aiutiamo le imprese a internazionalizzarsi. Poi ovviamente svolgiamo le attività pianificazione e controllo di gestione, consulenza fiscale e tributaria, societaria e operazioni straordinarie, bancaria, consulenza del lavoro, contrattuale e in materia di crisi di impresa. Svogliamo anche l’elaborazione dei dati contabili e dei modelli dichiarativi, bilanci di esercizio, criptovalute e NFT. Per ciò che riguarda le ristrutturazioni e i bonus edilizi, facciamo consulenza in materia di superbonus 110% e incentivi fiscali legati a ristrutturazioni edilizie e risparmio energetico.
Quale clientela si rivolge al suo studio e che tipo di rapporto instaura?
La clientela è composta da PMI. Alcuni sono amici da sempre, i primi clienti di un commercialista. Altri arrivano nel tempo. Con alcuni imprenditori, anche di livello, si instaura un rapporto di amicizia tanto da uscire a cena fuori. Con altri il rapporto è più distante ma comunque di rispetto. Se i miei clienti non rispettano l’etica e lo stile dello studio, non possono far parte del gruppo Omnia Consilia.
I clienti seguono i suggerimenti?
Molti di loro sì, anche se alcuni molto fiduciosi delle loro capacità prendono decisioni in autonomia: a volte si rivelano positive, in alcuni casi negative.
Quali sono i principali timori e le preoccupazioni che riscontra negli imprenditori suoi clienti?
Gli imprenditori temono questa fase incerta del sistema italiano e mondiale. C’è confusione normativa e fiscale, aumento ingiustificato delle materie prime, crisi energetica, speculazione. Pensiamo a tutti gli imprenditori edili rimasti con il famoso credito da superbonus in mano, che non riescono più a monetizzare tramite le banche. Molti imprenditori, dispiace dirlo, hanno perso fiducia nel sistema Italia e mi chiedono di internazionalizzare altrove la loro impresa.
Come concilia le sue attività di routine con la parte di consulenza agli imprenditori?
Ho un’agenda sempre molto fitta, ma cerco di concedere parte della mia giornata alla consulenza e parte all’attività di routine. Mi piace recarmi presso le aziende e vivere i clienti offrendo consulenza.
In che modo ha supportato le aziende che hanno attraversato momenti di crisi d’impresa, sia in ambito fiscale sia in quello bancario e commerciale?
Da curatore fallimentare ammetto di essere facilitato nell’identificare da subito i segnali di crisi. Cerchiamo di aggiustare il tiro, sia a livello fiscale che commerciale, prima che sia troppo tardi, andiamo a valutare i vari settori aziendali, produttività interna ed esterna, riparametrazione dei costi e dei ricavi con business plan e budget di periodo. In ambito bancario, da docente di diritto degli intermediari finanziari, capisco come ragionano le banche. Ormai non serve più solo il reddito oppure la garanzia reale: le banche vogliono avere la certezza del cash flow. Se si riesce a generare un cash flow costante, almeno personalmente, riesco a contrattare ottime condizioni per conto dei clienti, mettendo in competizione tra loro le banche stesse.
In chiusura, che genere di consigli possiamo dare alle imprese?
A chi va incontro a situazioni delicate, suggerisco di seguire di più le proprie imprese. Non fidatevi solo del vostro intuito, ma fatevi consigliare da professionisti preparati, seri ed onesti. È necessario sfatare il falso mito che se un imprenditore si avvale della competenza di terzi, allora non è abbastanza bravo. Niente di più errato, il bravo imprenditore è consapevole che per una crescita aziendale non vige la regola di “abbiamo sempre fatto così”, ma è necessario incrementare la rete di conoscenze all’interno della propria impresa e condividere il concetto: è sempre possibile fare le cose in modo diverso rispetto a come si sono fatte finora, o comunque migliorare le stesse.
Accade spesso, con le sue aziende clienti, di suggerire consulenze in ambito gestione risorse umane?
Sì mi capita, il mio studio fa anche consulenza del lavoro e buste paga. Ultimamente ho consigliato a un’impresa cliente in forte crescita di inserire dei premi di produttività (che oltretutto scontano tassazioni agevolate) e la scelta si è rilevata vincente, con un aumento ulteriore dei risultati e con l’inserimento di politiche di welfare aziendale e di “cura” dei propri dipendenti.
Quali sono le strategie che le sue aziende clienti mettono in pratica per attrarre talenti e professionisti?
Molte imprese si avvalgono di recruiter che convogliano personale con il sistema dell’interinale: a volte tra diverse figure si è trovato anche il talento. Altre, grazie alla mia presenza universitaria, pescano dai migliori laureati, o comunque sviluppano contatti con gli studenti più promettenti tramite i vari career day che organizza l’Università della Tuscia. Molte volte, sono i professionisti più bravi e intraprendenti che si propongono loro stessi alle imprese. L’importante è non restare fermi: né come impresa, né come professionista.