Maria Pia Nucera: «Il commercialista in futuro? Sarà una delle professioni più in auge»

di Cinzia Ficco
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Maria Pia Nucera non ha dubbi: «Il nostro sarà un ruolo di consulente d’impresa che veicolerà l’azienda verso l’innovazione, suggerirà come ampliare la credibilità, la fiducia e l’autorevolezza di un brand aziendale nei confronti di collaboratori, clienti e investitori».

 

Nata a Roma nel ’68, studi a Messina, si è iscritta all’Ordine nazionale nel ’93, ha uno studio a Roma. A Reggio Calabria Maria Pia Nucera è socia in una società di revisione, quindi lavora in un network di professionisti.

Dal 2019 è anche presidente dell’ADC, Associazione dei Dottori Commercialisti, il sindacato che conta seimila iscritti, punta a «tutelare i colleghi, fare azione di lobbing per portare alle istituzioni le istanze degli aderenti all’associazione, opera nella formazione e innovazione dei servizi professionali. I nostri obiettivi sono: creare una rete professionale tra gli iscritti, agevolare i giovani nei primi anni della professione e stimolare l’aggregazione, l’evoluzione dei servizi resi dai nostri studi. Per questo ADC progetta, struttura e realizza, anche attraverso due piattaforme in accordo con i partner tecnologici (Linfa e Natlive) più di 5mila ore l’anno di formazione in presenza, on demande e live. L’ADC ha realizzato partnership con piattaforme digitali, studiate per offrire un supporto ai colleghi e ai loro clienti. È un sindacato autorevole, non l’unico e collabora in modo concreto con le altre associazioni sindacali. Meglio essere tanti, la pluralità è una risorsa.

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Tutti i sindacati che hanno sottoscritto il codice di autoregolamentazione hanno ben presente la necessità di collaborare e confrontarsi per decidere le politiche migliori per la categoria. I problemi nascono per tematiche interne. Una delle nostre battaglie è stata quella sull’equo compenso. I commercialisti, diciamo spesso, non possono essere considerati dei vassalli, da cui pretendere gettito fiscale, rispetto di normative e pretese spesso fumose e contraddittorie, e rimanere senza tutela quando svolgono la loro professione. Lo stesso vale per i commercialisti impegnati in materie diverse da quelle tributarie. Se, davvero, si pretende di non intavolare la discussione sull’equo compenso, apriremo la questione sull’equo contributo».

Lasciamo i tecnicismi e spieghiamo cosa non va per la vostra categoria.

La narrazione della categoria solo bistrattata non appartiene al mio sindacato – spiega Maria Pia Nucera – Lamentiamo una disorganizzazione sistematica dell’apparato amministrativo (Agenzia Entrate, Agenzia Riscossione e INPS). Disorganizzazione peggiorata con il Covid. Non lamentiamo, ma denunciamo un ostracismo verso la categoria, portato avanti dell’Agenzia delle Entrate che, premetto, conta al proprio interno ottimi impiegati e funzionari pubblici. Sono i vertici delle Amministrazioni referenti che attuano una politica miope, di emarginazione della nostra categoria. Di fatto penalizzano se stessi e i cittadini/contribuenti. Un dottore commercialista è un soggetto preparato e informato sulla pratica, quindi in grado di spiegare e risolvere le problematiche in breve tempo e con competenza. Impedirci l’accesso agli uffici anche virtualmente, come sta avvenendo oggi, è oltreché un’interruzione di pubblico servizio anche una limitazione del diritto di difesa e rappresentanza del cittadino, che non ha alcun senso. Per questi motivi siamo pronti, come scritto tempo fa nella lettera all’ex Ministro Franco e al Direttore Ruffini, a denunciare in ogni sede competente queste azioni che pensiamo siano da combattere per il bene del Paese.

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Photo: Unsplash / Firmbee.com

Modello 730 precompilato dal 23 maggio: un alleggerimento per voi?

Parlare di alleggerimento per una precompilata è un ossimoro per il lavoro dei commercialisti. Tutte le informazioni che compongono la precompilata sono inviate all’Agenzia da noi.

Veniamo alla sua attività: chi sono i suoi clienti?

Piccoli e medi imprenditori, società di capitali ed enti non commerciali. I nostri clienti risiedono in Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia, Abruzzo e Calabria. Lo studio si occupa prevalentemente di consulenza alle imprese ed enti, revisione, audit, compliance, antiriciclaggio, B corporation, bilancio sociale, di sostenibilità e integrato. Per la gran parte delle volte i clienti si attengono a quanto suggerito. Pochissime sono state le occasioni in cui ho notato politiche di discriminazione.

Le sono capitati casi di imprenditori sull’orlo del precipizio?

La vita aziendale, come quella umana, ha un inizio e un termine. Difficile non aver mai avuto a che fare con imprenditori in crisi. Lo studio appartiene a un network di professionisti. In quei casi ho provveduto a interessare i colleghi per predisporre piani di riorganizzazione aziendale.

Il commercialista di oggi e quello del futuro?

Siamo diventati sempre più consulenti d’impresa piuttosto che consulenti fiscali. I servizi richiesti dalle imprese vanno dalla finanza aziendale al marketing e alla consulenza sulle nuove normative di compliance. Per quel che mi riguarda posso dire che questo tipo di attività è sempre stato il nostro core business ed è assolutamente adeguato agli studi e alle skill dei dottori commercialisti. La difficoltà maggiore per alcuni studi è gestire bene il cliente, fargli comprendere che la consulenza dello studio non si limita all’aspetto fiscale per ricavarne il giusto corrispettivo. Più facile a dirsi che a farsi, non siamo buoni venditori di noi stessi. Si sta registrando un ritorno alla professione, ai tempi precedenti l’avvento della riforma IVA del ’71. La consulenza ha sempre fatto parte della nostra professionalità. Oggi questa si estende in campi innovativi che rappresentano più del 60% dell’attività svolta, quali, appunto: sostenibilità, compliance, innovazione, no profit. In futuro credo che il commercialista acquisirà maggiore autorevolezza.

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