Mirna Pioli: «La difficoltà è far capire che il commercialista è un valore, non un costo»

di Annarita Cacciamani
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È una commercialista con pluriennale esperienza nei confronti di imprese, pubblici esercizi, artigiani, commercianti e professionisti. La contraddistingue un approccio che valuta i vari aspetti amministrativi, contabili e fiscali, ma allarga l’attenzione a controllo di gestione, analisi delle criticità, posizionamento, pianificazione. Mirna Pioli è iscritta all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Parma dal 1990 e al Registro dei revisori legali. È socia fondatrice dello Studio Pioli & Tosi Commercialisti con sedi in Salsomaggiore Terme e Fidenza, nel parmense.

Prima o poi ogni impresa si trova ad affrontare momenti di crisi.

Mirna, quali sono le difficoltà che incontra nello svolgimento della sua professione e quali gli aspetti positivi che le fanno superare?

La principale difficoltà sta nel far comprendere all’imprenditore che la domanda da porsi non è “Quanto costa il commercialista?” ma “Quanto vale il commercialista?”. Per attribuire il giusto valore a qualunque cosa è necessario conoscerla e, anche se la mia è una professione molto nota, non è altrettanto conosciuta nelle competenze e portata. Il rischio che corrono gli imprenditori è di sottostimare ciò che non conoscono a pieno, basare le scelte solo su fattori parziali, privandosi così di ciò che potrebbe essere necessario e vitale per la loro impresa. Ossia la consulenza qualificata ed esperta del commercialista che non si riduce alla registrazione di fatture e invio di file telematici.

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Photo: Pixabay / Gerd Altmann

Il web ci porta a pensare che ogni cosa possa essere facilmente svolta da chiunque e, dopo avere guardato un paio di tutorial e smanettato un po’, si sia in grado di aprire una partita IVA e poi seguire due internet guru per cavalcare l’onda del proprio mercato di riferimento e avere successo. Fare, anzi dare, consulenza alle imprese, richiede studi di base e continui, competenza, esperienza su materie fiscali, giuridiche, economiche, uniti a sensibilità sulle specifiche problematiche. Il commercialista deve essere considerato apportatore di valore per l’impresa, e per questo scelto con la massima attenzione e adeguatamente valorizzato in quanto investimento e non mero costo.

Può essere un buon paracadute in tempi difficili e un adeguato volano in tempi migliori. Chi in fase di caduta libera sceglierebbe un paracadute poco testato e fai da te? Da qualche anno ho scelto di parlare ai piccoli imprenditori di fisco e controllo di gestione attraverso il mio sito Doublentry. Partendo dalla frase ricorrente “Non capisco perché lavoro tanto e non mi resta niente” – che è anche il titolo dell’e-Book di consigli pratici per migliorare i risultati economici e finanziari delle piccole imprese – cerco di diffondere una maggiore consapevolezza sull’importanza dei numeri, dei dati e della loro analisi costante, sempre mantenendo la massima concretezza. I miglioramenti, reali e non virtuali, uniti alla soddisfazione dei clienti, mi fanno superare le difficoltà quotidiane date anche dall’eccesso di burocrazia.

Come ha supportato nel tempo le aziende che hanno attraversato momenti di crisi d’impresa, sia in ambito fiscale che bancario e commerciale?

Bisogna partire da due presupposti. Il primo: prima o poi ogni impresa si trova ad affrontare momenti di crisi. Il secondo: la crisi trae solitamente origine da uno squilibrio trascurato e/o mal gestito. Il supporto è quindi rivolto a percepire i segnali, individuare gli squilibri e proporre interventi tempestivi prima che la crisi diventi irreversibile. Particolare attenzione rivolgo all’equilibrio finanziario, attraverso check up e analisi di bilancio e controllo dati. La richiesta di un finanziamento e la determinazione della sua entità e durata devono essere collegati alla valutazione della sostenibilità futura. Il monitoraggio dell’indebitamento in essere, dei flussi di entrate e uscite, sono di fondamentale rilevanza.

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Purtroppo in questi ultimi anni, prima con la pandemia e ora con la guerra, si sono verificati eventi imprevedibili, ma il solo fatto che questo periodo perduri da ormai tre anni ci deve fare comprendere quanto sia importante evitare la carenza di liquidità. Le ragioni della crisi possono anche non trarre origine da squilibri finanziari: per esempio l’azienda può essere in una fase di declino perché l’attività non è stata al passo con i tempi, o perché il mercato di riferimento è cambiato, si è ridotto. Comprendere l’origine della crisi, prima che travolga tutti gli aspetti è altrettanto importante e per poterlo fare è necessario conoscere bene l’impresa, il mercato in cui opera, e avere esperienza sul campo. Non esiste una cura che vada bene per tutte le imprese in crisi, ma un insieme di azioni preventive rivolte ad anticipare le difficoltà con interventi mirati che ristabiliscano equilibri finanziari ed economici. E ciò è possibile attraverso il costante utilizzo di strumenti di programmazione e controllo, da impostare su misura in base alle dimensioni dell’impresa e all’attività svolta.

Che consigli si sente di dare oggi agli imprenditori, specialmente a chi va incontro a situazioni delicate?

Prevenire, prevenire, prevenire. Acquisire consapevolezza di cosa significhi gestire una impresa, evitare di navigare a vista o in base all’intuito, mettere in atto un adeguato controllo di gestione e ovviamente farsi supportare da un commercialista esperto.

Abbandonare la rincorsa all’aumento del fatturato. Stamparsi in testa che fatturare di più non significa automaticamente guadagnare di più e men che meno avere più liquidità. Gli equilibri sono complessi, coinvolgono aspetti economici e finanziari, e la liquidità deve essere messa al primo posto.

Imparare a fare molto bene i conti. Soprattutto i piccoli imprenditori spesso non conoscono in modo preciso i loro costi, costi che devono comprendere tutto. Conseguentemente acquisiscono lavori talvolta sottostimati. Collegato all’imparare a fare bene i conti c’è l’imparare a scegliere i lavori, sostituendo il concetto che tutto va preso, con il concetto che tutto va soppesato molto bene.

Non inseguire i bonus fiscali ma restare concentrati sugli obiettivi dell’impresa che, non dimentichiamo è “l’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi”.

Non indugiare ai primi campanelli di allarme. L’imprenditore è il primo che li avverte, ma talvolta li ignora. Intervenire con la massima tempestività, riconoscendo i propri errori e tornando sui propri passi, quando è ancora possibile. Le crisi si prevengono e si possono curare se c’è il tempo per farlo.

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