Raffaele Pallotto: «Per non morire di burocrazia, mi sono avventurato nella consulenza»

di Cinzia Ficco
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«Il sistema fiscale italiano? Il più farraginoso del mondo. Un insulto all’intelligenza mia e dei miei colleghi. Quando all’estero mi sentono parlare di bonus e crediti d’imposta, pensano che in Italia siamo tutti matti. Per questo ho deciso di delegare il compito di redigere le dichiarazioni dei redditi, gestire scadenze, versamenti ai due giovani dipendenti che stanno con me nello studio. Ero un fiscalista puro, ma ad un certo punto mi sono guardato intorno e per non morire di scartoffie e norme contorte, ho deciso di avventurarmi nella consulenza».

 

Così Raffaele Pallotto (Macerata, ’66), iscritto all’Ordine dei Commercialisti dal ’92, una laurea in Economia a Roma e varie esperienze all’estero come Export Manager e Project Manager di piccole e medie imprese marchigiane, che vogliono aprirsi ai mercati esteri.

«Ho sempre voluto fare il commercialista – ci racconta il professionista che si definisce visionario e pragmatico – anche se in famiglia non ho nessuno che faccia questo mestiere. Ma otto anni fa il lavoro ha iniziato a starmi stretto. Troppe leggi che confliggono tra loro, creano confusione alla nostra categoria e a chi vuole investire in Italia. Una burocrazia che ci fa perdere la testa, risultato di oltre 40 anni di politiche che aumentano la presenza dello Stato in tutti i settori, soprattutto quello economico.

Per far crescere questo Paese e non fare impazzire noi dietro la scrivania, servirebbero meno regole, ma chiare, come quelle che hanno i Paesi anglosassoni. E poi meno intermediazione. Meno politica, meno sindacati, meno Stato nel mercato. Se cambieranno le cose? Difficile.

In Italia non puoi parlare di deregulation, invocare una bassa o totalmente assente tassazione lì dove vuoi far crescere un settore produttivo e magari le condizioni sono critiche, che subito ti attaccano. Mi è successo nella Commissione (Focus Sisma) che doveva fare delle proposte tecnico-economiche per rimettere in piedi le zone terremotate. Le nostre proposte, quelle di creare zone economiche speciali, sul modello UK, Usa, Canada, Irlanda, o Emirati Arabi, non sono state accolte».

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Pensa che con Elbano De Nuccio, il nuovo presidente dell’Ordine dei commercialisti, si potrebbe creare una lobby dei commercialisti capace di pressare per ottenere una riduzione di tasse?

«Non lo so. Non conosco né il nuovo presidente, né i nuovi consiglieri. Siamo pochi e divisi. So soltanto che chi prova a cambiare in questo Paese non ha fortuna. C’è paura di innovarsi. È difficile smantellare uno status quo fatto di assistenzialismo che abbassa la produttività ed è finanziato con una spesa pubblica e un debito pubblico troppo alti. Ma come dico a chi vuole fare il mio mestiere, bisogna esplorare terreni vergini, studiare, formarsi per affrontare le nuove sfide del mercato. Il mio motto è Se non ti evolvi, ti dissolvi. Ho poche speranze che le cose cambino. E quindi forse molti miei colleghi continueranno ad essere considerati dipendenti delle Agenzie delle Entrate. Mi auguro che il governo che verrà dopo le elezioni decida di avviare qualche riforma seria in senso liberale, alla Margaret Thatcher. Nella situazione in cui siamo, tra effetti della pandemia e della guerra e un debito stellare, non possiamo andare tanto lontano. Ma il mio sogno è avere alla guida del Paese gente alla Einaudi o alla Reagan. Cosa dire, per esempio, del fatto che in Italia si impedisca ad un’azienda non più produttiva di fallire? Si pensa all’occupazione, ok. Ma allora cambiate le regole per rientrare nel mercato del lavoro, non togliete l’opzione fallimento che serve a far pulizia nel mercato e limita in maniera considerevole il cosiddetto azzardo morale».

Torniamo alla sua attività e al suo studio associato con il collega Pierucci, che si trova a Urbisaglia, in provincia di Macerata. Cosa offre ai suoi clienti e che tipo di clienti ha?

«Consulenza aziendale in digitalizzazione e internazionalizzazione, oltre anche al controllo di gestione delle PMI nella mia regione, le Marche. Lavoro in rete con un team di ingegneri, avvocati e tecnici informatici. All’americana. I clienti sono aziende di vari settori: food and beverage, moda-abbigliamento, metalmeccanico, settore del mobile. Ho un ottimo rapporto con loro, in genere seguono i miei suggerimenti: per scelta professionale ho sempre cercato di far crescere le aziende mie clienti. Ho declinato incarichi in procedure concorsuali che accompagnano le aziende alla morte».

Seguendo passaggi generazionali delle PMI, cosa le è capitato di riscontrare la maggior parte delle volte?

«Un neo macroscopico. I figli che arrivano ai vertici dell’azienda di famiglia senza aver fatto esperienza fuori. Tanti padri padroni che non vogliono mollare e non concepiscono l’idea della delega. Dunque, scarsa managerializzazione e, tanto per ripetermi, impatti fiscali e legali forti sulla staffetta generazionale».

Il futuro della sua professione?

«Resteranno aperti gli studi di chi sarà flessibile, capace di adattarsi alla complessità del mondo che verrà e formarsi con umiltà. Il mio futuro? Un’esperienza lavorativa all’estero di qualche anno per lasciare questo Paese ingessato e con scarse possibilità di cambiare».

 

Pallotto ha uno spazio riservato agli Italian Certified Consultant nel sito della IICCUAE (Camera di Commercio Italiana negli Emirati Arabi Uniti).

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