Stefano Mendogni e Danilo Ricardi – commercialisti parmensi da oltre 20 anni – hanno visto la professione evolversi e modificarsi senza sosta. «I nostri clienti sono preoccupati dal rapporto con le banche e dall’instabilità normativa, che impedisce una programmazione aziendale e ostacola la propensione all’investimento imprenditoriale. L’obiettivo è ragionare sui bilanci futuri e prospettici e non più su quelli pregressi, che forniscono solo un parametro indicativo».
Dottori Commercialisti iscritti all’Ordine di Parma e Revisori legali iscritti all’Albo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, svolgono la professione da oltre 20 anni, lavorando nello studio associato Mendogni & Ricardi che opera in due sedi, a Parma e a Fidenza, avvalendosi di una dozzina di collaboratori.
«La nostra clientela è formata da PMI, anche estere, professionisti e privati. Forniamo servizi di consulenza fiscale, contabile e societaria, consulenza nell’ambito della prevenzione della crisi aziendale e finanza d’impresa oltre al contenzioso fiscale».

Stefano Mendogni
Negli ultimi anni, alla luce anche dei tantissimi cambiamenti, cos’è cambiato nella vostra professione e quali sono le attività che la contraddistinguono?
La professione è divenuta sempre più ardua in quanto sono numerose, complesse e in rapida evoluzione le normative emanate su tematiche amministrative, fiscali e societarie. Le attività professionali vanno dall’assistenza alle imprese per il corretto svolgimento dei vari (e sempre più gravosi) adempimenti normativi, all’attività di consulenza a fianco dell’imprenditore volta a fornire tutti i supporti possibili per assumere decisioni consapevoli. Proprio questa ultima attività è diventata prevalente: quotidianamente guidiamo l’imprenditore in scelte strategiche di assoluta priorità, in un clima di mercato e normativo di grande incertezza e rapido cambiamento.
Quali sono i principali timori e le preoccupazioni che riscontrate negli imprenditori che segue?
I principali timori sono legati alla velocità di cambiamento dell’ambiente in cui opera l’impresa, a cui si aggiunge una instabilità normativa che rappresenta un vero e proprio ostacolo alla programmazione aziendale e alla propensione all’investimento imprenditoriale. Negli ultimi tempi a tutto questo si aggiunge la difficoltà a reperire personale qualificato e propenso all’impegno. Infine è sentito il tema del rapporto con il mondo bancario che è radicalmente cambiato in seguito alle nuove impostazioni di approccio al merito creditizio.
Come avete supportato nel tempo le aziende che hanno attraversato momenti di crisi d’impresa, sia in ambito fiscale che bancario e commerciale?
Fornendo strumenti di diagnosi dei parametri aziendali e di simulazione degli impatti economici e finanziari che possono scaturire da diversi scenari futuri probabili. Diviene infatti sempre più cruciale comprendere cosa accade ai parametri economici e finanziari dell’azienda al variare di alcuni elementi su cui si fonda il business aziendale. Questa analisi consente di guidare l’azienda in un sentiero di sostenibilità economica e finanziaria e anche di essere più preparati a gestire eventuali scenari particolarmente negativi. In sostanza ragioniamo sui bilanci futuri e prospettici e non più su quelli pregressi, che forniscono solo un parametro indicativo.
Che consigli vi sentite di dare oggi agli imprenditori, specialmente a chi va incontro a situazioni delicate?
In primo luogo avere il coraggio di chiedere un supporto consulenziale e di farlo senza tardare troppo: avere il coraggio di esaminare i propri equilibri economici finanziari senza alcuna paura per appurare la “forza” della propria azienda in caso di eventuali scossoni e a quali condizioni può crescere. In secondo luogo a non fidarsi di quanto “imparato” nell’esperienza imprenditoriale passata. Le logiche che governavano le imprese fino a pochi anni fa (e che si sono rivelate “stranamente” vincenti) ora non sono più valide. Si pensi a tutte quelle aziende che hanno finanziato il proprio sviluppo/sopravvivenza posticipando in modo cronico gli adempimenti fiscali, oppure a coloro che hanno ricevuto supporti dal mondo bancario senza dover dimostrare, attraverso piani aziendali credibili, la sostenibilità del debito che andavano a contrarre.
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