La crisi presenta il conto, meglio tassare i patrimoni o fare interventi a debito?

di Lodovico Poschi Meuron
tassazione-Pixabay-Geralt

Non aumentare la tassazione ad personam o non aumentare le tasse a nessuno?

Dilemma atavico che si perde nella notte dei tempi. Il dibattito non si è mai sopito ed anzi, in tempi di crisi, torna prepotentemente di moda. 

Sulla falsariga del motto spesso riecheggiato nei palazzi della politica “mai e poi mai metteremo le mani nelle tasche degli italiani”, il partito che si oppone a non toccare i grandi patrimoni per adesso resiste. 

Aumentare la tassazione ai più ricchi, un tema altamente impopolare

Due culture opposte: quella che vorrebbe una patrimoniale (leggi qui), e quella che invece intende evitare a tutti i costi di aumentare la pressione fiscale, ma anzi cercare soluzioni per ridurla.

A maggior ragione in momenti difficili aumentare una pressione fiscale già molto pesante sarebbe tremendamente impopolare. 

Tuttavia, liquidare la faccenda in questo modo per alcuni è una vera eresia. 

Il perché è presto detto. 

Nelle società moderne, l’arricchimento personale non solo è lecito, ma anche incentivato. Non è stato sempre così.

Nel Medioevo si guardava ai ricchi come il male assoluto e solo nel Quattrocento, quando le diseguaglianze erano sempre più percepite, si cominciò ad identificare in loro alcune loro funzioni specifiche, tra cui la prima e principale era farsi tassare, in varie forme, in tempi di crisi. 

L’umanista toscano Poggio Bracciolini considerava i ricchi utili alla città in quanto “granai di denaro” a cui si poteva attingere in caso di urgente bisogno. 

Una società che non era in grado di accumulare risorse si sarebbe trovata indifesa nei periodi di carestia.

Questa teoria è dunque semplice: soprattutto in tempi di crisi, chi ne ha le possibilità contribuisce con le proprie risorse private al conseguimento del bene pubblico.

Contributo di solidarietà o interventi a debito?

Anche nel secolo scorso, il New Deal di Roosevelt, che contribuì a porre fine alla Grande Depressione, fu finanziato introducendo una tassazione fortemente progressiva su redditi e patrimoni.

È stato forse l’ultima esperienza in questo senso. In Europa come negli Stati Uniti, dove più volte si sono avanzate proposte per tassare i grandi patrimoni, quasi sempre  affossate da un Congresso fortemente polarizzato.

Anche in Italia, seppure il dibattito non si sia mai interrotto, i grandi patrimoni sono al sicuro. Basti pensare alle successioni, che in linea diretta sono esenti da qualunque tipo di tassazione.  

E, allo stesso modo, ogni ipotesi di contributo di solidarietà da parte dei più abbienti viene regolarmente scartata. 

Perfino la riforma del catasto, che in linea di principio consentirebbe di risolvere alcune ingiustizie, è stata approvata solo a condizione di non portare a un aumento delle tasse per nessuno (e non semplicemente a un aumento del prelievo complessivo).

La teoria opposta propone invece di finanziare nuovi interventi (inclusa una riduzione della pressione fiscale) in deficit, aumentando il debito. 

Qualcuno, però, lo dovrà pur ripagare.

 

Photo Cover: Pixabay/Geralt

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