Gli addetti ai lavori lo hanno definito come un possibile tsunami fiscale.
Una prospettiva molto seria perché quello che potrebbe accadere nelle prossime settimane avrebbe un impatto devastante su famiglie e imprese.
È stato lo stesso Ernesto Maria Ruffini, numero uno di Agenzia delle Entrate, ad annunciare questa maxi operazione da parte: ad essere investiti da una pioggia di cartelle e avvisi di accertamento saranno addirittura 16 milioni, un numero mostre che potrebbe mettere a rischio il futuro di centinaia di migliaia di imprese.
Un nuovo tsunami fiscale sta per abbattersi sugli imprenditori
Ecco cosa sta per succedere.
Da ex Equitalia, oggi Agenzia delle Entrate/Riscossione, sta per partire una valanga di intimazioni di pagamento relative a debiti già iscritti a ruolo.
Destinatari degli atti sarebbero circa 16 milioni di contribuenti. Una platea enorme. In rampa di lancio 130-140 mln di cartelle per un controvalore numerico di 230 milioni di euro di credito.
Un possibile tsunami fiscale sta per abbattersi sugli imprenditori italiani già soffocati da una crisi che viene da lontano.
Lo stesso Ruffini, in una recente audizione in Commissione Finanze, aveva lanciato l’allarme invocando un intervento normativo da parte del Governo.
Passata la tregua fiscale concessa durante il Covid, più volte si è parlato di una ripresa in grande stile dell’attività di riscossione.
Dunque nessuna sorpresa. Si tratta in effetti di un processo quasi automatico, che però, lo ha fatto notare lo stesso numero 1 del Fisco, si scontra con la dura realtà dei fatti.
La stragrande maggioranza dei contribuenti, come del resto ampiamente dimostrato dal fallimento della riapertura dei termini della rottamazione ter, non sono oggi nelle condizioni di poter far fronte ai pagamenti per mancanza di liquidità (qui l’approfondimento).
In questo momento non c’è via d’uscita.
Come richiesto a gran voce da molte forze politiche presenti in Parlamento e, negli ultini giorni, anche dal neo presidente dei dottori commercialisti, Elbano De Nuccio, l’unica soluzione sarebbe un intervento normativo che intervenga in modo concreto sulla fase di ristrutturazione del debito fiscale.
Come? Spalmando le rate in un tempo più lungo – non cinque anni come nelle rottamazioni, ma almeno dieci -, concedendo così un po’ di respiro agli imprenditori che si devono mettere in regola.
Intimazione di pagamento, quando arriva il tempo è quasi scaduto!
Quel che preoccupa, se davvero questa enorme mole di atti dovesse partire, è che per milioni di imprenditori i tempi per pagare diventano stringenti.
Sappiamo bene che quando a partire è un’intimazione di pagamento gli angoli di manovra diventano necessariamente strettissimi: appena 5 giorni, esauriti i quali l’ente riscossore può spingere sull’acceleratore e avviare le azioni esecutive attraverso il pignoramento immobiliari o del conto corrente, ipoteche e fermo amministrativo nel caso di somme più modeste.
Cosa fare allora?
Il consiglio, nel caso di ricezione di una intimazione di pagamento, è procedere alla verifica dell’atto e alle possibilità di impugnarlo.
Una situazione ormai fuori controllo
Il magazzino dei crediti fiscali che lo stato deve riscuotere è decisamente fuori controllo.
Come rivelato dallo stesso Ruffini, siamo ormai ad una montagna di oltre un miliardo e cento milioni di euro da recuperare, la maggior parte ormai spazzatura, con una giacenza arrivata a 21 anni e quattro mesi.
Una situazione ingestibile da parte del Fisco, che in realtà è dotato di una struttura appena sufficiente ad assorbire al massimo un magazzino di tre anni.
Come se ne esce?
Crisi fiscale d’impresa, quando i problemi possono trasformarsi opportunità
Per tutti i contribuenti con debiti anche importanti esistono oggi soluzioni di grande efficacia capaci di ridurre il debito anche in misura consistente (fino all’80/85%).
La nuova transazione fiscale e previdenziale all’interno del concordato preventivo, ad esempio, si rivelerà sempre più decisivo per aiutare gli imprenditori a chiudere la loro posizione debitoria con il fisco e uscire definitivamente dalla crisi.
Un tempo, per quel che riguardava i debiti fiscali e previdenziali, quasi sempre l’Agenzia delle Entrate non accoglieva i concordati e le aziende fallivano. E se queste erano poco o nulla patrimonializzate, lo Stato finiva per non prendere nulla.
Ora il Fisco non si può opporre e difatti lo scenario è completamente cambiato.
Con il nuovo codice della crisi, in vigore dal prossimo 15 luglio, la tendenza sarà sempre di più quella di garantire la continuità aziendale, difendere le aziende e tutelare i posti di lavoro dalle stesse garantite.
Una grande notizia per tante PMI che, attraverso i nuovi accordi di ristrutturazione del debito possono uscire dalla crisi senza interrompere la propria attività.
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